domenica 27 maggio 2018

SOLO - A STAR WARS STORY: cronache di una produzione rattoppata

Sono andato a vedere Solo: a Star Wars Story da solo.
Fa ridere. Ma non esisteva modo più azzeccato per andarci.
Probabilmente non è uno di quei film che, quando escono in sala, voglio andare tassativamente a vedere, ma avevo due, anzi tre buone ragioni per andarci: Ron Howard alla regia, Emilia Clarke nel cast e una sana voglia di staccare il cervello per un paio d'ore e finire in una galassia lontana lontana.

Ron Howard, la garanzia vivente

Andando dritto al punto: il film complessivamente è bello. Ha dei momenti molto interessanti, capovolgimenti di trama abbastanza telefonati, gag (ma meno rispetto a quelle della nuova saga) e un ottimo aggancio al film del 1977.
Ron Howard ha preso in mano le redini di questa pellicola in un momento di pazzia generale negli studi Disney, dopo il licenziamento in tronco, per divergenze artistiche dei due registi con cui era stata decisa la sceneggiatura.
Come dice un mio insegnante nel corso di scrittura: Ron Howard non è un grande regista ma è sempre una garanzia.
Non fa film capolavoro, ma ottimi film che sicuramente rimarranno nella storia (La triologia di Langdon, Il Grinch, Rush, A Beautiful Mind...), ed è stata l'operazione che in fretta e furia ha applicato anche allo standalone dedicato al fuorilegge più famoso delle galassie cinematografiche.

Chi, cosa e come

La trama parla del giovane Han che dopo aver abbandonato l'amore della sua vita (Emilia Clarke, mica scemo) sul pianeta natio occupato dalle forze imperiali di Darth Maul, vaga per lo spazio cercando di diventare il pilota più famoso di tutti. Un tipetto ambizioso, insomma.
Ad accompagnarlo il mentore Beckett (Woody Harrelson) e l'immancabile wookie Chewbecca, che incontrerà per la prima votla proprio in questo viaggio.
Tornano vecchi personaggi già visti (Lando Calrissian interpretato da Donald Glover che di questi tempi è come il prezzemolo) e se ne introducono di nuovi (come il cattivo Dryden Vos che ha la faccia di Paul Bettany o il robot L3-37).
Proprio grazie al robot, ecco che arriva l'animo sensibile della storia: grazie alla voce femminile di
Phoebe Waller-Bridge, viene più volte toccato il tema della discriminazione robot-umani, dove se mettete donna al posto di robot e uomo al posto di umani, abbiamo un ennesimo assaggio dell'emancipazione femminile nel mondo hollywoodiano, che tra un dialogo e l'altro è stata appiccicata con la coccoina scaduta nell'82 che Lucas teneva nel cassetto.

Un titolo azzeccato

La paura intorno al film era tanta perchè nessuno avrebbe mai creduto che si potesse rimpiazzare il vecchio Harrison (Ford) nel ruolo di Han. Ma, anche grazie all'aiuto di un acting coach, Alden Ehrenreich riesce a fare suo un personaggio che poco ci azzecca con la sua enorme mascella californiana. Dice essersi divertito durante le riprese e che non poteva fare a meno di indossare gli abiti di scena anche durante le pause. Ci crediamo anche perchè se si crea divertimento sul set, ne vedremo una parte anche in sala. E così è stato.
Il titolo, che credevo fosse solo di circostanza, invece è azzeccatissimo. Il film gira intorno all'idea di solitudine e di come affligga ognuno dei personaggi. 
Non esiste una persona nel film che non abbia un'anima di fondo cinica e bara, e tutti prima o poi vengono separati da qualcosa di importante.
Ad un certo punto del film vengono aperte linee narrative che probabilmente ritorneranno in altri film, come quella tra Han e il padre che gli sceneggiatori sostengono essere basata su quella che Springsteen aveva col proprio vecchio (leggetevi Born to Run per capire meglio).

Il problema di fare standalone di un è quello di non andare ad allargare il buco narrativo (nel senso di spazio, non di lacuna) che hanno già occupato i capitoli 4,5 e 6, ed è un problema che Solo non riesce ad evitare malgrado i propositi della produzione di renderlo una storia a parte.
Con Rogue One ci erano riusciti a pieno con un film pazzesco, con questo... probabilmente le divergenze produttive non erano l'unico motivo dei ritardi di uscita.

Comunque, andatelo a vedere questo Solo. Vale la pena anche per la fotografia e le musiche - John Williams firma il tema principale -, costumi ed effetti pazzeschi, oltre che per un cast stellare che promette (e mantiene) molto.

-Non è bello morire da soli

 

Nessun commento:

Posta un commento

RIDE - Qualcosa di nuovo sotto il sole (e menomale)

Da due anni a questa parte si parla di rinascita del cinema italiano. Smetto quando voglio, Jeeg Robot, Veloce come il vento, Brutti e...