lunedì 16 aprile 2018

I, TONYA - Una vita da film

Per festeggiare il nuovo anno, a fine dicembre sono andato a Londra. Penso che oer me sia stata la serata più lunga di sempre, dopo una giornata passata a camminare senza sosta da Portobello a Buckingham Palace. Una bella scampagnata per chi conosce il percorso.
Dicevo, la serata più lunga di sempre. Ma non starò qui ad annoiarvi per molto con questo aneddoto, perché quello che voglio raccontarvi è che quella volta sono andato a pattinare sul ghiaccio davanti al Museo di Storia Naturale. Non era la prima volta, già avevo provato da piccolo, ma in quel momento ho capito che pattinare è davvero difficile. Magari c'erano troppe persone. Magari sono io che ho poco equilibrio.
È stupido, lo so, ma è il solo metodo per cominciare a parlarvi di Tonya, film uscito da poco in Italia e che ha riscosso grande consenso tra la critica e i vari premi che ha ricevuto (da sottolineare l'Oscar a Allison Janey per la miglior attrice non protagonista).

Tonya - nel resto del mondo I, Tonya - è una pellicola che è tante cose ma è soprattutto una sorpresa. È una sorpresa vedere Margot Robbie in un ruolo forte e delicato che non la dipinga solo come la bambolina seducente; è una sorpresa che Sebastian Stan mi piaccia in un film (il mio odio verso Captain America lo ha inserito nella lista degli ATTORI NO); è una sorpresa trovarsi ad odiare tanto un personaggio di un film - la mamma di Tonya.
Tonya sta tra un biopic e il legal, il film sportivo e il drama. Barcolla quindi tra generi tenendosi sempre in piedi, volteggiando su una trama che permette ad ogni personaggio di orbitare intorno alla protagonista.
La stranezza stilistica che lo rende coinvolgente e veloce si concretizza come una serie di false interviste che raccontano i primi ventitré anni di vita di Tonya Harding. Ventitré anni che paiono durare più di una vita, una vita da film.
La versione dei fatti narrati é ulteriormente resa autentica dalla rottura della quarta parete e dalle parole dette guardando in camera dai personaggi. Cosa c'è di più vero di una confessione?

La ferita da invasione

La vera forza del film però sta nel ritmo del montaggio che ne fa un film a tratti poco mainstream. Le interviste giocano ad anticiparci dei fatti, commiserando le pedine sulla scacchiera che non sanno che mossa aspetta loro (McKee chiama questa tecnica ironia drammatica).
A colpire è certamente Tonya che, colpevole solamente di essere nata in un contesto redneck alla massima potenza, vede la sua carriera infrangersi a causa di due falsi alleati (il marito e la terribile madre). 
LaVona è la madre che nessuno vorrebbe avere. Rigida e austera, poco permissiva e fin troppo protettiva, è una donna facile da odiare. 
Jeff invece è un uomo incapace di amare da cui Tonya non riesce a staccarsi.
Il grande sogno della ragazza è quello di diventare una campionessa, ma la forte spinta della madre a dare il massimo glielo fa vivere come una lunga nausea. Un po' come Agassi o come la protagonista de Il cigno nero di Aronofsky.
La cosa che accomuna Tonya, Andrè e Nina è quella che il mio prof Giovanni Covini nel suo libro Le ferite dell'eroe chiama la ferita da invasione.
Siamo più o meno tutti sottoposti a quel tipo di pressione da parte dei genitori, quella in cui bisogna dare il massimo anche quando lo si dà già.
Jeff e LaVona tuttavia sanno equilibrarsi nei vari momenti, sanno darsi un limite fino a riconoscere i danni fatti.
 
Sebbene questa recensione sia racchiusa in un solo posto, è stata scritta in poco più di una settimana, dal pomeriggio dopo la visione, fino a una sera in cui riesco a concluderne il disegno e a corregerne gli errori. In questa settimana ripensare al Tonya mi ha fatto ragionare sul fatto che un personaggio come LaVona sia di una potenza incredibile e se, a distanza di qualche giorno, continua a ronzarti in testa provocando emozioni che vanno dall'odio profondo all'ammirazione (per come è scritto) è perchè è semplicemente perfetto.
Perciò, andate e odiatela tutti. Che il cinema serve a questo: a farvi emozionare.
 
 - Pensavo che essere famosa fosse divertente -
 
 
 

Nessun commento:

Posta un commento

RIDE - Qualcosa di nuovo sotto il sole (e menomale)

Da due anni a questa parte si parla di rinascita del cinema italiano. Smetto quando voglio, Jeeg Robot, Veloce come il vento, Brutti e...